STORIA
Volendo datare l’inizio del nostro percorso di ricerca sul pane potremmo farla coincidere con il primo corso di gestione del lievito madre che Matteo ha seguito in ottobre del 2004 in Cast Alimenti a Brescia.
Il corso era orientato prevalentemente alla produzione dei Panettoni con lievito madre ma trattava, in maniera un po’ marginale, anche la panificazione.
Il docente era il Maestro panificatore Piergiorgio Giorilli e, guardando indietro nel tempo, quel corso rappresenta una delle tappe fondamentali al lavoro che abbiamo fatto in questi 18 anni sul pane, un lavoro di consapevolezza, sia tecnica e – soprattutto – agricola ma ai tempi tutto questo non era assolutamente chiaro.
Le altre tappe fondamentali del nostro percorso del pane sono le seguenti:
PANE A LIEVITAZIONE NATURALE E DI GRANDE FORMATO - 2004
A seguito del corso abbiamo iniziato a produrre pane a lievitazione naturale di grande formato. Il grande formato, dal punto di vista del panettiere, sembra essere un aspetto che non si mette in discussione tra gli addetti ai lavori. Nei primi anni il pane a lievitazione naturale si vendeva solo in formati grandi, dal kg in su con qualche rara eccezione, mal vista dai tecnici, di pani da 500g.
Negli ultimi anni, con l’avvento del pane a lievitazione naturale di scuola californiana, si vedono sempre più spesso pani da 350-500g ma il formato principe resta quello grande superiore al kg e anche noi proponiamo pani in grande formato.
IL LIEVITO MADRE HA BISOGNO DI FARINE “GUSTOSE” – 2005-2006
Dopo pochissimo tempo di sperimentazione nella panificazione con lievito madre ci si rende immediatamente conto di quanto sia importante la materia prima del pane che per noi, in quel momento, era la farina.
Ci siamo orientati inizialmente su semola di grano duro che, per loro natura, sono più profumate e ricche di gusto per poi spostarci, poco dopo, su farine macinate a pietra sia di grano tenero che di grano duro.
Questo “richiamo” del lievito madre è dovuto al fatto che una delle sue qualità è quella di esaltare il gusto del cereale grazie alla sua capacità di portare un po’ di gusto acido nell’impasto. L’utilizzo di farine raffinate lascia spazio solo all’acidità poiché non hanno un gusto intenso da valorizzare.
LE MONOVARIETÀ - 2013
Grazie a Filippo Drago, mugnaio e titolare di Molini del Ponte (Castelvetrano - Sicilia), scopriamo le monovarietà di cereali. Improvvisamente si apre un parallelo con il mondo del vino, da cui siamo sempre stati affascinati: il vino rosso può essere pinot nero o Lagrein così come il grano duro può essere una saragolla o un perciasacchi.
Iniziamo a parlare di cereali senza rendercene conto.
LA SICILIA, IL VIAGGIO - 2014
Nati in una famiglia di panettieri, ci abbiamo messo anni per capire che la materia prima del pane non è la farina ma sono i cereali.
Nel 2014 facciamo il primo viaggio in Sicilia assieme ad alcuni colleghi per un convegno organizzato da Filippo Drago. Assieme a Filippo e alcuni panettieri ci prendiamo una mezza giornata per visitare i campi di grano e, in quel momento, ci connettiamo al terreno.
Il campo, nell’entroterra siciliano, coltivato in biologico era rigoglioso e pieno di specie vegetali e animali. Le spighe di grano duro di vecchie verità erano molto alte e condividevano il terreno con cardi, papaveri, senape selvatica e mille altre specie.
In quel momento abbiamo capito perché facciamo il nostro lavoro.
IDEA PASSATA ED EVOLUZIONE
Lo scopo si è spostato dalla semplice forma-tecnica ad un livello più alto: prendersi cura del terreno scegliendo materie prime coltivate in maniera rispettosa.
Gli agricoltori che lavorano in bio hanno tutti in comune un pensiero: prendersi cura della fertilità del suolo (fertile, parola usata sia per il terreno coltivato che per la capacità di un essere vivente di riprodursi).
IL PANE DI FILIERA:
Parlare di lievito Naturale o pasta madre è parlare di tecnica.
Parlare di cereali è parlare di paesaggio, agricoltura e sostenibilità.
PERCHE’
A questo punto del nostro percorso, ridefinite le priorità e lo scopo, vogliamo dare una spinta alla superficie agricola di cui, anche noi, indirettamente ci prendiamo cura.
Per questo vogliamo inserire una serie di “pani di filiera” con forme e consistenze più simili al pane che abbiamo mangiato negli ultimi 50-60 anni, ma con delle farine a cui possiamo “dare un nome e cognome” (vedi art. 3 del manifesto dei PAU).
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